"Scandalo Tamponi". Tre sanitari di Alcamo e Marsala, sospesi dai pubblici uffici
L'attività è stata eseguita dai carabinieri del Nas nove le persone indagate
Si arricchisce di un nuovo capitolo la vicenda legata ad un centro diagnostico di Alcamo che durante la pandemia processava tamponi molecolari con apparecchiature giudicate non idonee. Dopo il sequestro del laboratorio, è scattata per tre indagati la sospensione dall'esercizio dei pubblici uffici o servizi in ambito sanitario, il divieto temporaneo di concludere contratti con la pubblica amministrazione nonché di esercitare attività di impresa o di libera professione nel settore sanitario e delle analisi di laboratorio.
Lo “scandalo dei tamponi” era scoppiato nell’ ottobre del 2020 quando i carabinieri del Nas di Palermo procedevano ad un controllo nel centro diagnostico di Alcamo accreditato con l’Asp. di Trapani. Controllo finalizzato alla verifica delle procedure di processazione dei tamponi molecolari. Dagli accertamenti sarebbe emerso che nonostante il laboratorio di analisi non avesse superato, a causa delle apparecchiature in uso, gli standard previsti dal programma regionale di controllo della qualità, continuava a processare tamponi sia per conto dell’Asp che di privati. I militari procedevano al sequestro del laboratorio disposto dalla Procura di Trapani che delegava il Nas ad un approfondimento della vicenda.
Dalle investigazioni, sviluppate del Nucleo Antisofisticazione e Sanità di Palermo, con la collaborazione della Compagnia Carabinieri di Alcamo, emergeva che la società che gestiva il laboratorio di analisi, aveva commesso una frode nell'esecuzione del contratto stipulato con l’Asp di Trapani, avendo attestato fraudolentemente di essere in regola con la normativa nazionale e regionale in materia di controllo di qualità, nonostante utilizzasse apparecchiature non idonee per processare i tamponi per lo screening del virus. Numerosi tamponi molecolari venivano prelevati all'esterno delle strutture sanitarie, da intermediari o collaboratori del consorzio, che esercitavano abusivamente la professione sanitaria/infermieristica, in assenza di speciale abilitazione o di qualunque titolo abilitativo. I tamponi venivano successivamente processati nel laboratorio o fatti recapitare dal personale del consorzio presso il “Sant’ Antonio d’Abate” di Trapani dove – secondo le risultanze investigative - grazie all’illecita collaborazione di una biologa che operava all’interno di quella struttura, venivano analizzati presso il laboratorio ospedaliero, dietro compenso.
Numerosi i reati contestati dall’Autorità Giudiziaria, a vario titolo, ai soggetti coinvolti nella vicenda, a cui si aggiungono altre 9 persone indagate in stato di libertà, per frode in pubbliche forniture, esercizio abusivo della professione sanitaria, falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale, falsità materiale commessa dal privato. Si tratta, però, che allo stato attuale sono solo indiziati in merito ai reati contestati e che la loro posizione sarà definitiva solo dopo l’emissione di una eventuale sentenza passata in giudicato, in ossequio al principio costituzionale della presunzione di innocenza.
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