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Mazara del Vallo | Cronaca

Peschereccio Aliseo.Il Ministero delle Politiche Agricole rigetta richiesta risarcimento danni

11 Ottobre 2021 09:05, di Laura Spanò
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Aggressione e non sequestro, la motivazione

Nel corso dell’attacco al natante del compartimento di Mazara del Vallo, furono circa un centinaio gli spari esplosi dai militari libici. Il peschereccio subì diversi danni ed il comandante Giuseppe Giacalone rimase ferito, alla testa e al braccio, colpito dalle schegge dei vetri di plancia. Il motopesca rientrò a Mazara del Vallo l’8 maggio, nella stessa giornata Giacalone, con evidenti i segni delle ferite, venne ascoltato dalla locale Capitaneria di porto.

La Procura della Repubblica di Roma aprì un’indagine, condotta dai carabinieri del Ros. Il motopesca fu posto sotto sequestro per oltre dieci giorni. Giacalone presentò una denuncia-querela per tentato omicidio, disastro navale, naufragio, danneggiamento nave e minacce gravi. Chiese anche un risarcimento di 82.250,43 euro, che ora gli è stato negato.

Questo quanto dichiarò al suo arrivo a Mazara il 9 maggio scorso il comandante Giacalone.

"Non tornerò più in mare, la mia famiglia è distrutta sono stanco, Giuseppe Giacalone pescatore è morto dice". "I vetri in frantumi del finestrino mi hanno investito in pieno, un proiettile mi ha sfiorato la testa e ho visto che perdevo sangue".Ieri mattina dopo il suo arrivo a Mazara Giacalone è stato interrogato per circa due ore in capitaneria dagli investigatori del Ros del comando provinciale che su delega della Procura di Roma effettueranno le indagini. Agli inquirenti Giacalone ha raccontato cosa è accaduto giovedì pomeriggio. Ha detto che mentre l'equipaggio si stava apprestando a recuperare le reti via radio la nave della Marina militare italiana li ha avvisati di puntare la prua verso Nord e navigare a massima velocità". "Abbiamo chiesto il perché, ma non ci è stato riferito. Dopo un'ora abbiamo deciso di andare verso la Grecia. "Dopo due ore di navigazione ha raccontato Giacalone - mi sono accorto che sulla nostra testa sorvolava un elicottero della Marina militare. Mi sono affacciato e mi sono accorto che c'era una motovedetta libica che veniva verso di noi". Un ex mezzo della Guardia di finanza che l'Italia ha donato nel 2018 alla Libia per il controllo anti-immigrazione. "ho chiamato via radio la Marina Militare comunicando cosa stava succedendo. I libici si sono avvicinati e hanno iniziato a sparare ad altezza d'uomo. Ho richiamato la Marina e, a quel punto, mi è stato riferito di fermare i motori". Tre militari libici armati sono saliti a bordo, ha raccontato il comandante. "In quel momento avevo vivo il ricordo di cosa ha vissuto mio figlio Giacomo rimasto sequestrato 108 giorni a Bengasi, mi è crollato il mondo addosso". Poi la decisione della Guardia Costiera libica di liberare l'Aliseo: "il comandante mi diceva 'sorry, sorry', quasi a scusarsi di quello che avevano fatto". Giacalone fa un appello al governo: perchè nelle missioni in Libia parli anche della pesca. Ricordando che anche loro sono cittadini italiani che, con fatica, cercano di guadagnarci da vivere. Ma rischiare la vita è troppo.

Perchè si va nell'area di mare a largo di Misurata?

L'area di mare al largo di Misurata è una sorta di riserva naturale ricchissima di pesci ecco perchè pescherecci italiani, ma anche greci e francesi, sconfinano per pescare. Per via della guerra è diventato un polmone naturale incontaminato. Le popolazioni locali si sono fermate, hanno smesso di pescare e la fauna marina si è moltiplicata". È ovvio, che i pescatori italiani, i più vicini alla Libia, tentino delle sortite in quelle acque, pur sapendo di rischiare la reazione della Guardia costiera libica. Al largo della costa di Misurata, "si pesca soprattutto l'acciuga e la sardina, ma anche l'alaccia - oltre a grandi pelagici come i tonni che vanno sotto costa per riprodursi o per cacciare".


 

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