Cronaca

Operazione Anno Zero e quelle risate sulla presunta morte del boss

La mafia che sa rigenerarsi anche dopo gli innumerevoli blitz

Laura Spanò

L'operazione antimafia “Anno Zero”, portata a termine nell'aprile del 2018 da Polizia, Carabinieri e Dia, non era solo un elenco di nomi tra cui quello di Matteo Messina Denaro, fino ad allora imprendibile. Dietro quei nomi infatti c'era racchiusa la mappa dei mandamenti mafiosi più pericolosi e attivi: quelli di Castelvetrano e Campobello di Mazara (la città dove per quasi 5 anni ha vissuto alla luce del sole e grazie alle tante coperture da latitante, l'ormai ex boss Matteo Messina Denaro). Vale a dire il cuore di quella Valle del Belice dove i finanziamenti per creare occupazione si sono perduti nei buchi neri delle casseforti mafiose e dove migliaia sono i giovani, e meno giovani, che da decenni per sfuggire al sopravvivere e per vivere debbono emigrare.

È la stessa operazione dove uno degli arrestati Gaspare Como (cognato di Messina Denaro) viene intercettato dalle forze dell'ordine mentre si diverte a rileggere con Antonino Triolo, altro arrestato, certe notizie comparse sulla morte del boss, lì non c’è rabbia ma sano divertimento: “se ti vedi su facebook… li che hanno combinato… ora dicono che è morto…ma perché non lo lasciano in santa pace… dicono che è morto… …(risata)… ma come….a barzelletta è andata a finire…”.

E certo ridevano prendevano in giro tutti, perchè sapevano che in realtà l'allora primula rossa era vivo e vegeto e pare già si fosse stabilito a Campobello di Mazara, dove poi lo scorso 16 gennaio sono state scoperte le abitazioni, le amicizie, le frequentazioni, i fiancheggiatori, i prestanomi, le collusioni e dove è finita miseramente la sua avventura di capo di cosa nostra siciliana.

Oggi dopo l'arresto di Matteo Messina Denaro e la sua cagionevole salute, da agosto è ricoverato presso il reparto detenuti dell'ospedale de l'Aquila, il suo cancro è al IV stadio, ci si interroga se già non ci sia un successore. Ma si sa di norma in queste organizzazioni malavitose c'è sempre un vice, un reggente, che in assenza del capo porta avanti la "famiglia". E così crediamo che anche per il mandamento di Castelvetrano, arrestato il capo ci sia già un reggente, forse anche due e che i giochi siano stati già fatti. Tra i tanti pizzini lasciati da Messina Denaro, non è assurdo pensare che ci sia anche quello dove si legga che "in caso di morte" o di "arresto" tizio o caio - sono miei successori. Una sorta di testamento.

Allora vi chiederete la mafia neppure con l'arresto di Matteo Messina Denaro è morta? No assolutamente. La mafia, almeno quella trapanese, rimane una organizzazione che trova semprecapacità di risorgere grazie ad un tessuto sociale dove la maggiorparte preferisce continuare a comportarsi come le famose tre scimmiette, non vedo, non sento, non parlo. Cosa nostra trapanese, purtroppo rimane ben radicata sul territorio. Rimane una mafia che sa essere anche vendicativa, non chiude mai i conti con i suoi nemici.

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