Si attendeva il solito «Post State control» della Guardia costiera, l’equipaggio della Sea Watch 4, che sarebbe arrivato quasi certamente al termine della quarantena. Operazione che di solito porta a un fermo amministrativo della nave. Questo temeva ieri la Ong, ma non poteva immaginare che il fermo amministrativo di fatto c’è già: ripristinato quello di sei mesi che, da settembre 2020 a marzo di quest’anno, aveva tenuto ferma la nave a Palermo. La decisione è del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana - l’organismo giudiziario che in Sicilia sostituisce il Consiglio di Stato in virtù dello Statuto autonomistico - riformando la decisione che il Tar per la Sicilia aveva emesso due mesi fa accogliendo la domanda di sospensione del provvedimento di fermo richiesto dalla Ong.
Dunque la Sea Watch 4 si deve nuovamente fermare e per le medesime motivazioni per le quali a settembre dello scorso anno la Guardia costiera italiana aveva emesso il fermo amministrativo. Nell'ordinanza collegiale del Consiglio di giustizia amministrativa è scritto che «in assenza di specifiche prescrizioni sulle caratteristiche tecniche delle unità di salvataggio, il servizio di pattugliamento, ricerca e soccorso in mare deve avvenire in condizioni di sicurezza per le stesse persone soccorse, per l'equipaggio (riguardo, tra l'altro, alla sufficienza dei servizi igienici e ad adeguate turnazioni del personale), per la navigazione, per l'ambiente; condizioni che allo stato non sono riscontrabili a bordo». L’ordinanza lascia comunque uno spiraglio, affermando che il fermo decadrebbe nel caso in cui la Ong apportasse modifiche alla nave, adeguandosi «alle prescrizioni dettate dall'amministrazione o modulando il servizio alle condizioni strutturali della nave».
«Ne prendiamo atto - dice la portavoce di Sea Watch, Giorgia Linardi - fermo restando che per noi la partita vera si gioca a livello della Corte europea. Rileviamo comunque come prosegua l’accanimento della Guardia costiera nei confronti delle Ong».